venerdì 12 marzo 2010

"La gallina volante" di Paola Mastracola



"Io non voglio insegnare proprio niente nella vita. Io non voglio insegnare. Perchè dovrei? Non ho nulla da trasmettere, e anche l'avessi, perchè trasmetterlo? Insegnare proprio no. Semmai allenare Rafforzare le ali a qualcuno perchè voli, questo si, questo mi piace."
Carla, quarant'anni, insegnante di lettere in un liceo di Torino, è la voce narrante di questo romanzo scandito nell'arco di un anno scolastico, dal primo all'ultimo giorno di scuola. Al centro della vicenda sono i problemi quotidiani con cui la protagonista deve confrontarsi, soprattutto il rapporto intenso e profondo che instaura con una sua allieva particolarmente sensibile e intelligente, Tanni. In lei riconosce alcune situazioni della sua adolescenza e solo con lei condividerà un progetto folle: far volare le galline che alleva nel giardino di casa.

2 commenti:

  1. L’io dei giovani d’oggi è irrimediabilmente destrutturato perché non fanno grammatica. Non sanno che cosa è importante in una frase e che cosa lo è meno, che cosa regge una frase e che cosa è retto, non distinguono tra una parola che fa da soggetto e un’altra che è soltanto un attributo. Allo stesso modo non sanno che cosa nella vita è importante e che cosa non lo è, che cosa è un guaio marginale e cosa è una tragedia. Ci ha raccontato che le arrivano ragazzi disperati perché talvolta hanno avuto una fetta in meno di prosciutto rispetto al fratello, e di lì cadono in depressione e prendono psicofarmaci. La realtà è che non hanno alcuna conoscenza lessicale: conoscono la parola disperato e che basta, e che quindi la usano tanto per la morte del padre quanto per la fetta di prosciutto in meno.

    Di Pietro Maso, quello che ha ucciso i genitori per quattro soldi di eredità: alla TV hanno intervistato un suo amico che ha commentato l’omicidio con queste parole: “ha fatto una cazzata”. Secondo Gabel è questo il punto: i giovani non distinguono, posseggono solo la parola cazzata che va bene tanto per quando uno mette una mosca nella minestra della madre, tanto per quando l’ammazza a coltellate. Possiedono una sola parola per le cose, dunque le cose sono uguali.

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  2. Appena finito di leggere il libro sono rimasta un po’ perplessa…diciamo anche un pochino male perché mi aspettavo qualcosa di bello come lieto fine…ma purtroppo c’è stato solo per metà.
    Leggere questo libro mi è servito a molte cose. Soprattutto a capire meglio come possa essere così stressante la vita di una professoressa di italiano…forse quella che più si trova nei guai per via di queste nuove generazioni. Ma non perché esse siano troppo ignoranti….a chi ignora una cosa si può sempre insegnare a non continuare a farlo…ma a chi non ha voglia e non ha rispetto neanche per ciò che dovrebbe studiare..è solo tempo perso.
    L’autore usa un tipo di scrittura molto facile, per cui viene veloce la lettura del libro e per nulla faticoso. Lo consiglio in particolare a quelli che come me si sentono a volte una piccola Tanni un po’…incompresa. Riesce ad aprire molte porte e a far comprendere tante cose che agli occhi degli studenti rimangono sempre nascoste o segrete.

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